ELENCO DELLE OPERE
Fausto Cimara 1968
La Pittrice Luisa Romano fa della poesia.
Per la prima volta, dopo anni di meditazione e di lavoro, ce la propone con voce sommessa ma quanto mai incisiva e suadente.Fare i poeti è facile; fare della poesia no. Se poi, in senso classico, chiamiamo poesia la composizione in genere, per ogni forma di creazione, ci troviamo oggi di fronte ad una vera costellazione di documenti del comporre, nella quale è facile trovare forse il buongusto, ma di rado l’arte.
Per di più la lotta tra “forma” e “non forma” apre ormai tutte le vie anche alla speculazione dei poveri di talento come, in guerra, dei borsari neri. Ci limiteremo dunque a dire che la parola arte non è più applicabile alla creazione, in assoluto, ma al creatore, dotato o no di buona fede, il quale può dare al termine il significato che più gli conviene. Tante arti quanti creatori, o almeno quanti “gruppi” di creatori.Proprio da questo industriale fenomeno dell’arte “di gruppo” parte, per reazione, la ricerca dell’individuo come tale, del poeta autentico, della personalità creatrice che non chiede ispirazione se non al suo io profondo e (ciò che è fondamentale) arriva senzi mezzi filosofici a toccare l’io profondo di chiunque l’osservi.Questo per noi è l’artista, l’individuo che compone secondo l’armonia naturale del pensiero nella forma. Purchè sia l’immaginazione a prevalere sul senso della realtà pura. Allora soltanto si può parlare d’arte, concreta o astratta che sia.
In Luisa Romano l’immaginazione è tanto più apprezzabile in quanto, per offrircela, essa rinuncia agli astuti mezzi tecnici spettacolari e procede con esemplare equilibrio di colore e di tratto. Molte opere sono quasi monocromatiche, ma siccome il valore del contenuto supera l’interesse della tecnica usata, non ne cerchiamo le ragioni. Importantissimo, invece, osservare con quanta sicurezza l’Artista limiti le sue tele in “tagli” singolari, a volte drastici: infatti tutto ciò che resta fuori dell’inquadratura, lo si sente con estrema facilità. E’ proprio la forma della tela che denuncia un senso istintivo delle proporzioni, prevalente in anticipo sull’opera stessa.
Guardiamo infine il contenuto: una creazione senza complessi di sorta e senza assilli di produzione per il mercato. Lo vediamo ad esempio nei fiori, descritti tanto di getto che la scioltezza del colore ad olio si identifica a volte con la fluidità dinamica dell’acquerello. Oppure nel volto di un Cristo umano fino alla delusione se non alla disperazione. O ancora nello sguardo vero, implorante, di un bimbo in miseria: una delle prime opere della Romano che, da sola, giustificò anni or sono, il nostro sincero incoraggiamento.Ma vorremmo, non da ultimo, sottolineare la straordinaria potenza comunicativa della “ritrattista” Romano. Ogni ritratto, delle molte fanciulle bellissime, racconta di un altrettanto bellissimo mondo interiore, in atteggiamenti che ce le fanno sentire vere, dialoganti, a volto divertenti. Ad osservare bene queste diversissime creature, dopo qualche minuto ci sembra di conoscere il loro spirito, di esserne amici : dalla sobria spavalderia di una modernissima ragazza che fissa la sua strada futura con occhi d’acciaio, alla flessuosa sottomissione quasi orientale di un’altra, alla finestra, che sembra ascoltare la parola di un amico che forse non la vede ancora donna, all’effetto drammatico della piccola mendicante che porta la sua precoce sofferenza umana con la matura nobiltà d’una principessa indiana.
Ognuno di noi ha incontrato almeno una volta questo viso; ma l’Autrice ha preferito qui per modella la sola sua fantasia, in un processo di “mimesis” di intenso contenuto spirituale. La Pittrice infatti si ispira al vero come all’immaginazione pura con lo stesso stiimolo creativo.Ma a noi non interessano le circostanze della creazione: quel che conta è che io, spettatore, riceva sempre un invito al colloquio con l’Interprete e sia portato ad ascoltare magari una fiaba, comunque un discorso che mi affascini.