L'Immaginario tra Intuizione e Simbolo
Quando ci si imbatte in un tipo di poesia pittorica come quella di Luisa Romano c’è da fare attenzione a non lasciarsi andare in assolute analisi, a non lasciarsi coinvolgere da immediate interpretazioni di memoria, da analogie o stimolanti tangenze di avanguardie storiche. Perché con Luisa Romano ci troviamo di fronte ad una formula estetica ben definita, ad un grande ruolo femminile del novecento creativo e ad una preziosa matrice di formazione che sigla inequivocabilmente la sua personalità artistica.
Così il nostro interesse di critici e la nostra meraviglia di osservatori segue quell’invenzione formale che si allarga agli orizzonti surreali del sogno, un’invenzione che la conduce al “recupero” ancestrale di inconsci, verso la dilatazione di azzurri territori onirici tra immagini uscite come dagli abissi dell’anima. Immagini e colori che si muovono in un libero contesto spaziale, con il fervore dell’originalità e l’artificio del linguaggio.
Tutto è ideato e dipinto con particolare gusto delle psicologia del profondo, con il desiderio di chi, attore e spettatore al contempo, vorrebbe cogliere i significati più veri ed inediti nella inquietante storia del cosmo, nella più segreta ragione dell’uomo.
Nicolina Bianchi critico dell’arte.
Luisa Romano, pittrice, disegnatrice, grafica, diplomata all’Accademia di Belle Arti di Firenze è nata a Roma dove vive ed opera.
Testimone e protagonista del nostro tempo nel 1951 a Beirut, presso la Galleria Frakhreddine allestisce la sua prima mostra personale.
Schiva e riservata, sempre in contatto con le proprie emozioni e con la realtà che la circonda, verso la fine degli anni ’60 inizio ’70 a Milano e a Roma spone una serie di ritratti femminili che custodiscono il sottiole mistero cui essi stessi appartengono.
Nel ’71, sensibilmente motivata da forti e nuovi valori umani, dedica dipinti alla “drammatica”, “devastante” guerra del Vietnam. Le opere vengono esposte in Italia e negli Stati Uniti.
Nel ’72 muove la sua ricerca espressiva che si precisa in una complementarietà di simboli e realtà. Nascono così opere dell’inconscio dove il protagonista è l’occhio. Un occhio attento, segreto, che spazia e penetra nell’universale.
Critici r giornalisti di chiara fama recensiscono positivamente le sue opere.
Dal ’73 all’80 dietro invito partecipa a concorsi, allestisce mostre personali in Italia e all’estero, riceve prestigiosi premi e riconoscimenti.
In un continuo lavoro di scavo psicologico, di suggestioni, di sogni e riflessioni, agli inizi degli anni ’80 approda all’ermetismo. Realizza dieci grafiche da “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche ed il “Prologo del Pazzo – Gli Amanti – La Morte” di Kremmerz.
Padrona indiscussa dei mezzi tecnici, sempre tesa a nuove esperienze espressive, prosegue ancora oggi il cammino verso un figurativo simbolico intimistico che si adombra, nel soffio lirico, di una sincera ispirazione.
Mario Luglio Conti curatore della Mostra Collettiva.