Soltanto a conclusione e maturazione della ricerca di una vita intera è possibile raggiungere, a compimento di una ascesi ininterrotta, i territori che valicano ogni confine, sì da realizzare il luogo e il tempo della trasmutazione. E’ la realtà attuale di Luisa Romano che ha fermato nel cielo il corso del tempo e nel segmento vissuto evoca la memoria infinita dell’essere.
Mentre ad anni di distanza guardavo i suoi quadri più recenti l’emozione più intensa mi era data dall’attivazione in me di un pensiero rimasto segreto nella letteratura del “Fedro” di Platone, quando Socrate afferma il carattere “aurale” della comunicazione; attraverso cioè gli “orecchi” e la comunicazione orale, più che attraverso la scrittura: la scrittura definisce, ciò che la parola suggerisce e lascia ricomporre in noi, come memoria profonda, e segno della presenza dell’anima.
La pittura è per Luisa Romano “alchimia” sempre combinazione che lascia affiorare e realizza, l’”immaginale” quel livello, configurato da Corbini e da Hillman, di percezione e di esperienza delle immagini a cui la nostra storia ha tentato in ogni modo di impedire l’accesso. Esito di quella riflessione che Jung ha definitivamente chiarito nella sua funzione: “La ricchezza della psiche umana e la sua caratteristica essenziale sono probabilmente determinate da questo istinto riflessivo.
La riflessione rimette in scena il processo di eccitazione e trasforma lo stimolo in una serie di immagini che, se l’impeto è sufficientemente forte, vengono riprodotte in una certa forma di espressione”.
L’inconscio è strutturato come linguaggio, affermava Lacan, cioè come “immagini” ; e Hillman nella sua psicologia “visibilità” come ricomposizione nell’esperienza e quindi nella vita di ciò che è divenuto visibile nella realtà che ne costituisce il modello della struttura e di cui “l’emozione” e “l’istinto” sono rivelazioni.
L’Ermetismo di Luisa Romano è la percezione di questa corrispondenza, non solo tra microcosmo (e noi siamo un microcosmo, infinito et uno) e macrocosmo, ma di natura “dentro di noi” e di natura “là fuori”, che deve costituirsi nella sua struttura. La pittura è ricomposizione dell’unità nel modello, e però processo di “ascensione” da uno spazio tridimensionale ad uno spazio a più di tre dimensioni. Non agisce più sull’oggetto, che si vuole rendere invisibile portandolo oltre la capacità di vedere dell’occhio umano. Un corpo (e la sua immagine) è nello spazio reale tridimensionale; niente ci impedisce di “immaginare” che possa essere immerso in uno spazio a più di tre dimensioni così che il corpo umano diventerebbe invisibile. Il potere della pittura è di intuire ed esprimere in modo tale che il natio cuore sia toccato e commosso da qualcosa che non è stata ancora compresa pienamente e tanto meno definita dalla scienza. Gli occhi (e il tema dell’occhio ha avuto un grande rilievo nella ricerca di Luisa Romano) guardano il mondo percettivo, ma anche l’interno dell’essere e sembrano stare, o meglio essere, oltre il mondo percettivo.
Come Platone la Romano muove da episodi (simboli già o archetipi) della vita quotidiana; da quello che è il mistero più elementare del nascere e del morire, e soprattutto di quel processo di “definizione” che solo all’uomo è concesso, di individuazione del proprio destino sull’orlo o alle soglie dell’Abisso dei Vangeli gnostici, che precede ogni genesi e richiede ogni creazione e che oggi appare come ombra infinita oltre il sapere di ogni scienza e forse sua finale verità.
Il grembo-caverna; la grotta-corpo femminile che emerge dietro le forme più remote dell’arte. La grande arte paleolitica si trova solitamente in caverne. Le grotte dovevano rappresentare qualcosa di misterioso, luoghi privilegiati per la comunicazione con le forze soprannaturali. Nella parte anteriore (quella illuminata dalla luce solare) si svolgevano le attività sociali, mentre la parte più profonda, oscura, era il luogo del rito. Il cielo quadrato (la casa di Adamo, le pareti che ci pongono al riparo) segna il punto e lo spazio nel quale si dispiega il frammento-segmento dell’Essere che è ogni vita; ma in quel segmento, manifesta la totalità dell’orizzonte. Il quadrato azzurro – come il Manto della Madonna, cielo unità nell’insieme del cosmo nel cui diametro infinito siamo comunque parti, costituisce la dimensione, il modello che nel gioco della “sincronicità” connette la natura “dentro di noi” con la natura “là fuori”.
Operazione alchemica si compie nella pittura, come affermazione dell’”immaginale”, di questo raggiunto livello di percezione e di esperienza delle immagini nelle quali l’anima vive.
L’accesso, negato, torna ad aprirsi e noi ad avere la natia anima.
Elio Mercuri